Mi capita frequentemente di trascorrere un fine settimana a Monaco di Baviera, dove ho dei cari amici e dove ho vissuto per un anno, a cavallo tra il 2000 e il 2001. Sabato 13 e domenica 14 aprile ci sono andato accompagnato da due amici italiani, uno dei quali si recava a Monaco per la prima volta: così abbiamo visitato il centro città seguendo le tracce di alcuni personaggi significativi per la storia della capitale della Baviera, che hanno segnato la sua vita culturale e spirituale nel secolo appena trascorso.
Siamo partiti dalla chiesa chiamata Bürgersaal, che si affaccia sulla centrale Neuhauser Straße, una delle chiese più frequentate dai fedeli di Monaco, dove è sepolto Padre Rupert Mayer, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1987.
Padre Rupert Mayer è stata una guida spirituale per la città negli anni bui della dittatura nazionalsocialista; per la sua opposizione al regime fu più volte incarcerato dalla Gestapo, ma non si arrese mai, diceva che “l’opera di un povero prete con una gamba sola (ne aveva infatti persa una durante la prima guerra mondiale) sarebbe durata più a lungo di una potente dittatura”. E così fu: nella Monaco semidistrutta dai bombardamenti si radunò il giorno del suo funerale, nel novembre del 1945, una grande folla per dare l’ultimo saluto a Padre Rupert Mayer ed anche oggi in tanti vanno a pregare sulla sua tomba, ma non su quella dei gerarchi del regime.
Dalla Bürgersaalkirche, attraversando tutto il centro e passando per Marienplatz, abbiamo poi raggiunto la Chiesa della Università, dove è sepolto Romano Guardini, teologo e letterato, colui che ha gettato le basi per la riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Guardini, nato a Trento e naturalizzato tedesco, nel dopoguerra ha insegnato filosofia della religione e cultura cattolica presso l’Università di Monaco: le sue lezioni universitarie e le sue omelie erano seguite da centinaia di giovani. Nella chiesa della Università è ancora conservato il tavolo di legno che aveva iniziato ad utilizzare in via “sperimentale” per le celebrazioni eucaristiche con gli studenti, quando ancora vigeva il rito tridentino.
Ci siamo infine recati alla sede centrale della Università Ludwig Maximilian, che dà sulla piazza dedicata al Professor Huber, uno dei membri del movimento della Rosa Bianca, al quale appartenevano, oltre a Kurt Huber, alcuni studenti universitari, come Sophie e Hans Scholl, Willi Graf, Christoph Probst, Alexander Schmorell. Un gruppo di amici, mossi dal desiderio di verità, di giustizia e di bellezza, e per questo oppositori del nazismo. Sull’acciottolato della piazza sono sparsi volantini di pietra, che ricordano quelli da loro distribuiti tra l’estate del 1942 ed il febbraio del 1943, che incitavano alla resistenza contro Hitler e che costarono la vita ai membri della Rosa Bianca.
Uno dei volantini aveva come titolo “salus publica suprema lex”. Una massima che faremmo bene a tenere presenta anche noi italiani di oggi.
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