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Politica

SENZA GOVERNO

MANIGLIO BOTTI - 19/04/2013

Un paio di mesi fa, quasi alla vigilia delle elezioni, un lettore scrisse al Corriere della Sera dicendo che aveva fatto un sogno: “È già la notte tra lunedì 25 e martedì 26 febbraio e si scopre che nessun partito in lizza ha ottenuto una maggioranza utile a formare un governo. A questo punto i responsabili delle principali forze politiche si chiudono in una stanza e vi restano per quarantott’ore. Quando escono appare un comunicato con l’indicazione per il presidente della Repubblica di un premier – Matteo Renzi – e con un programma di tre, quattro ‘proposte choc’ per risollevare il Paese”. Sergio Romano, che cura le lettere per il Corriere, rispose: “Questa non è la rubrica dei sogni. Tuttavia stavolta mi sento di fare un’eccezione, e pubblico la lettera”.

Com’è evidente a tutti il sogno di quel lettore s’è rivelato preveggente solo nella prima parte – né del resto ci voleva molto: bastava leggere i sondaggi o girare per i bar delle piazze italiane –, ma per la seconda, quella che vedeva un accordo tra i  responsabili dei partiti, sempreché essi vogliano davvero il bene del loro Paese e non di loro stessi, campa cavallo. Anche l’ex ambasciatore Romano, che è persona di grande esperienza, di profonda cultura e – soprattutto – di enorme buon senso aveva interpretato il sogno come una richiesta, come un’esigenza sentita da tutti, o da molti.

Invece oggi, più di un mese e mezzo dopo il voto, il sogno è diventato un incubo. Anche per il presidente della Repubblica (per l’uscente e per l’entrante), temiano. Insomma, non è passato giorno senza sentire, da parte dei “famosi” responsabili, le solite geremiadi da campagna elettorale, sempre uguali a sé stesse; mai una proposta seria e effettivamente subito condivisibile, ma un continuo di acrimonie, rivendicazioni, rancori…

A realizzare un minimo risultato propositivo ci ha provato il Capo dello Stato con la nomina dei dieci “saggi”. Le cui proposte messe sul piatto, a onor del vero, sono sembrate tutto tranne che scioccanti. Ci mancava che sul ‘rapporto’ si fosse trovato scritto che la pasta al dente è migliore di quella scotta, che non bisogna fare il bagno nella prime ore dopo il pranzo, che agli stop occorre fermarsi e dare la precedenza… e poi  si sarebbe potuto chiudere il cerchio.

Anche il finanziamento pubblico dei partiti – utile almeno all’acquisto di diamanti, a quanto s’è visto – è stato mantenuto, dimenticando che vent’anni fa il governo, il parlamento o chi per essi gettarono alle ortiche quanto era stato deciso ad ampia maggioranza con un referendum abrogativo. Cioè, la parola finanziamento fu tramutata in rimborso, e poi tutti hanno continuato a chiamarla finanziamento. Ma perché – alla faccia dei referendum – non è stato fatto così con quello sul divorzio o sul nucleare?

Non è detto che con l’annullamento dei soldi ai partiti i nostri problemi verrebbero immediatamente risolti, è vero, ma certo il buon esempio e un aiutino…

Macché, anzi. Coloro i quali anni fa ebbero la bella e furba pensata di annullare le richieste democratiche dei cittadini ora sono anche stati proposti come possibili presidenti della Repubblica.

Molti mali del nostro Paese – è stato affermato più volte – vengono dal fatto che in Italia non ha mai avuto luogo una rivoluzione. Non ne siamo capaci, s’è detto. E magari è anche una fortuna. Il nostro è il Paese dove siamo tutti parenti e sulla cui bandiera dovrebbe stare scritto il motto “Tengo famiglia”. Figurarsi allora se è possibile immaginare le ghigliottine nelle piazze.

Anche Grillo – che è “Grillo il comandante dei barbudos” – ha detto che il giorno in cui saranno al governo quelli del Movimento 5 Stelle (in effetti gli stanno dando una mano… ) non fucilerà nessuno.

Però richiederà indietro i soldi che finora sono stati elargiti in modo dissennato o che sono stati indebitamente prelevati.

Che sia questa la minaccia che fa più paura?

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