Nei giorni scorsi il rettore professor Coen Parisini ha annunciato che la sede attuale in via Ravasi degli uffici amministrativi e del Rettorato è destinata a svuotarsi per trasferirsi al Campus di Bizzozero.
Le esigenze dell’organizzazione universitaria sono evidenti. Efficienza e comodità dei servizi sarebbero assicurati. Ma rimangono ancora non sufficientemente considerati i rapporti con la Città.
L’università è ancora percepita come istituto di istruzione superiore. Non si è avviata una presenza universitaria basata anche sulla ricerca e sulla proposta che contribuisca al destino urbano di quest’Area varesina che non riesce a immaginare (o desiderare di definire) ipotesi per un proprio futuro.
Anche per questo il ruolo possibile dell’Università non viene considerato in una prospettiva riorganizzativa della città vasta che supera i confini comunali. Che chiede di definire le necessarie relazioni con le realtà adiacenti anche oltre confine. Per una storia che ha radici comuni, per un avvenire di collaborazione e integrazione sul piano culturale ed economico di interesse comune.
Come può Varese diventare città universitaria?
Il Campus di Bizzozero potrà certo favorire, con l’accorpamento previsto, la funzionalità dei rapporti fra l’amministrazione e le facoltà, le strutture ricettive e di convegno, ma la Città pone alcune condizioni che è necessario considerare.
Anzitutto la presenza attuale nel centro urbano (certo anche simbolica) deve essere mantenuta nell’edificio di piazza della Repubblica. Con la fruibilità delle sale esistenti per convegni ed esposizioni. E parallelamente si devono approfondire i caratteri e la saldatura del Campus alla Città.
Ho rilevato in un mio recente libro dal titolo “Varese, la costruzione della Città, storia e possibile futuro” che dopo il ventennio di regime, che ha marcato Varese con edifici e luoghi che ancora oggi la caratterizzano, la rinascita democratica non ha saputo esprimere edifici e luoghi significativi (anche simbolici) e qualificati.
Ho indicato che tali dovrebbero essere la sede (o le sedi) dell’università, i nuovi adeguati luoghi della cultura e della congressualità, l’ospitalità per l’accoglienza sanitaria e per la cura con riguardo anche agli anziani. La individuazione e la qualità realizzativa di questi luoghi deve essere il segno della levatura civile di questa città. Ma sono personalmente preoccupato.
L’organizzazione ospedaliera si è anche recentemente arricchita di incredibili edifici inseriti violentemente nel cuore di una concezione ospedaliera che all’inizio del secolo scorso aveva avuto ben altra delicatezza. Si intende poi realizzare un ospedale materno – infantile in un isolato soffocato dalla congestione veicolare.
Non si affronta il tema della congressualità in termini adeguati sia per una localizzazione che esalti le bellezze del nostro paesaggio, sia per la dotazione che oggi le sedi congressuali esigono come i numerosi esempi nel mondo indicano. Ci si limita alla previsione titubante di un teatro che pure potrebbe essere ospitato in un centro congressuale adeguato.
L’Università costituisce un’altra parte della Città possibile e significativa. Ma sta realizzandosi per zone delimitate all’interno del Campus, con edifici privi di coordinamento, alcuni dei quali preoccupano per la tipologia prescelta e per il loro inserimento ambientale.
Se il Campus è una parte della Città, un’offerta e un luogo di studio e di relazione sociale nel quale il cittadino si ritrova con i concittadini e con gli studenti, la sua concezione urbanistica non può ridursi all’assemblaggio di edifici dedicati alle rispettive funzioni, privi di coordinamento e di dialogo reciproco. Si deve esigere un piano urbanistico specifico al riguardo e la connessione necessaria, urbana con l’esistente.
Negli anni ’30 del secolo scorso l’impianto ospedaliero neuro-psichiatrico adiacente aveva curato, certo per una destinazione particolare, un coordinamento delicato fra i numerosi edifici.
Credo che l’Amministrazione comunale non debba estraniarsi rispetto a questi problemi e farne accurato approfondimento nel PGT tuttora in fase di studio. Ed esigere un piano attuativo, se già non fosse stato presentato, di pubblica conoscenza.
Città e Università, un destino necessariamente comune.
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