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Attualità

MARRONE, L’EROE SENZA TEMPO

MASSIMO LODI - 12/04/2013

Giovedì scorso Varese ha celebrato un suo eroe senza tempo. Uno di quelli che migrano da un’epoca all’altra in silenzio, evitando di bussare a porte che potrebbero inopportunamente rivelarsi della notorietà. Personaggi (personalità) che si accasano nella memoria con il passo felpato, l’incedere prudente, un fare volutamente dimesso. Come a dire: ho dato retta al senso di responsabilità, non c’è bisogno che alcuno mi riconosca alcunché.

Quest’eroe senza tempo è Calogero Marrone, dirigente dell’Ufficio anagrafe negli anni Quaranta, funzionario esemplare. Anche uomo esemplare. Salvò molti ebrei, procurandogli carte d’identità in bianco, necessarie per scampare alla persecuzione antisemita e mettersi al sicuro oltreconfine. Lo Stato d’Israele lo ha eletto Giusto fra le nazioni, avrà il nome scolpito nel museo dell’olocausto, lo Yad Vashem di Gerusalemme.

Tra di noi è un nome scolpito da tempo. Da quando gli storici Franco Giannantoni e Ibio Paolucci svelarono le gesta riservate, la bontà innata, l’ardimento raro di quel modesto travet di provincia; e l’amministrazione comunale, presieduta da Raimondo Fassa, pose una lapide in suo ricordo all’ingresso di Palazzo Estense. Marrone che aiutava chiunque gli desse una voce. Che stava dalla parte dei deboli. Che non esitava a mettere a rischio la propria vita (anche la vita dei suoi cari) pur di salvare la vita altrui. Marrone l’immigrato generoso venuto dalla Sicilia, il varesino d’adozione capace della forza morale tipica della varesinità, il cultore del senso del dovere.

Quando il canonico di San Vittore, don Luigi Locatelli, l’avvisò che di lì a poco sarebbero venuti ad arrestarlo, non fuggì come avrebbe potuto, temendo di mettere in pericolo la famiglia: moglie e quattro figli. Pagò con la reclusione a Dachau, e poi con la morte, il prezzo della nobiltà d’animo assegnatagli dalla natura e accresciuta dal suo stile di vita.

Le parole strane, e a volte incomprensibili, usate per dare un’immagine alle vicende della contemporaneità politica, meriterebbero un utilizzo migliore, finalizzato a chiarire l’avventura tragica di Marrone. Egli infatti precorse qualsiasi saggio odierno: fu un facilitatore della libertà. Un praticante delle larghe intese, tradotte come tacito e diffuso accordo a soccorrere i disperati. E, ancora, un riformatore dello spirito, in un’epoca (non l’unica) in cui lo spirito aveva toccato il fondo della corruttibilità. Disinteressato a governare il suo agire secondo uno scopo di convenienza, s’affezionò perdutamente all’ideale: nessun compenso diretto, nessuna indiretta ricompensa. La probità per la probità. La purezza per la purezza. L’altruismo per l’altruismo.

Alla cerimonia di due giorni fa, dispensatrice di emozioni forti, è ora auspicabile – come chiede da tempo Giannantoni – che segua la riparazione a una debolezza municipale. La targa nella piazzetta-giardino di Biumo inferiore intitolata a Marrone, nell’area Cagna alle spalle del liceo musicale, è infatti imprecisa e vaga. La data di nascita contiene un errore, e soprattutto non viene spiegato dall’epigrafe – priva di cenni al nazismo e al fascismo – chi perseguitò e uccise un benemerito concittadino né per quale motivo. È  venuta l’ora di usare le parole giuste, per un Giusto fra le nazioni.

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