L’Onu ha proclamato lo scorso 22 marzo Giornata mondiale dell’acqua. E bene a ragione, perché il livello di pressione umana sulle risorse idriche è diventato ormai insostenibile; già oggi quasi un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e sei milioni all’anno perdono la vita a causa della sua scarsità. Lo scopo sarebbe di dimezzare entro il 2015 la sete nel mondo, obiettivo tutt’altro che facile da raggiungere. Si pensi che al ritmo dei consumi attuali, se tutti vivessimo al livello dei Nordamericani e degli Europei, per soddisfare le attuali esigenze della terra dovremmo chiamare in causa tre pianeti e mezzo raffrontati al nostro. L’evoluzione climatica provoca la desertificazione di intere aree e la siccità affligge un miliardo e mezzo di persone.
Il 70% del mondo è coperto d’acqua, ma solo il 2,5% è dolce, solo l’1% è poi disponibile. L’uomo è giunto persino a intaccare le riserve d’acqua fossile, non rinnovabili. In termini di consumo il 20% delle risorse idriche della terra è utilizzato dall’industria (al 59% dai paesi cosiddetti progrediti fa fronte solo l’8% dei paesi a basso reddito). Ma preoccupano anche i consumi delle economie emergenti a causa della costante fame di energia. Determinanti sono le manifatture ad alta tecnologia, ovviamente a lato degli impianti per la produzione di energia elettrica (miglioramenti comunque si sono avuti perla crescita delle capacità tecnico-scientifiche dei gestori). In contemporanea la lavorazione della terra assorbe il 70% dell’uso d’acqua dolce con allarmanti incrementi con incrementi allarmanti entro la metà del secolo.
Evidente è la sproporzione tra i 157 litri d’acqua al giorno consumati per uso domestico e i 3.500 per fornirci gli alimenti (ne servono 4.100 litri per una dieta carnivora, 1500 invece per un pasto vegetariano). Per procurarci un kg di riso vanno profusi 3.500 litri, 15.000 addirittura per produrre un kg di carne di manzo. L’Italia figura al terzo posto al mondo per importazioni di acqua virtuale (quella contenuta nei prodotti). Onde la necessità dell’educazione al risparmio a evitare gli sprechi fin dall’infanzia e di una dieta diversa rispetto a quella in vigore (qui anche i pregi della cucina mediterranea).
Volgendo lo sguardo all’estero, nel caso dell’India, si constata che New Delhi può fruire d’acqua corrente solo per tre ore al giorno, l’acqua contaminata nelle campagne raggiunge la quota del 50%; 1600 indiani muoiono ogni giorno per infezioni intestinali. In Asia e in Africa i fondi sovrani acquistano territori irrigui per sopperire al deficit dei paesi d’origine. Una più equilibrata e giusta ripartizione delle risorse idriche può prevenire i conflitti; molte guerre che sono fatte passare per conflitti etnici o religiosi sono da imputare alla corsa all’acqua.
Per quanto concerne il nostro paese allarmano le bollette a rischio stangata, poiché l’Authority impone alle municipalizzate di coprire i costi d’esercizio e di investimento (misura in sé comprensibile), mentre il problema della privatizzazione delle risorse idriche è sempre all’ordine del giorno. Già i rincari registrati nel prezzo medio sono del 19% nel triennio 2009-2012. Per non dire di tutte le emergenze causate da perdite d’acqua e problemi di fornitura. La perdita della nostra rete idrica comporta dispersioni ben oltre il 30% (la quota più alta nel Continente). E servono investimenti per 65 miliardi di euro nei prossimi trent’anni.
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