Un lettore che segue la rovente polemica sull’opportunità di fare dell’ospedale Filippo Del Ponte un grande polo materno – infantile mi segnala che, nell’attesa di poter usufruire di questa nuova meraviglia della sanità lombarda, genitori, parenti e affini che hanno necessità assoluta di aprire le pratiche di legge per la registrazione dei bebè possono contare solo su una persona all’uopo addetta.
Il lettore non lamenta ritardi o difficoltà nel disbrigo delle pratiche, ma ha avuto la sensazione di trovarsi in un ufficio a …dieta, ridotto cioè all’osso.
Più che una sensazione, per parecchi dipendenti di altri settori della nostra azienda sanitaria è invece una certezza la loro situazione: essi infatti a volte lamentano una sorta di precarietà nel rispetto dei loro diritti.
Si taglia, si toglie, si lima, si rinvia, si ritarda perché ogni piano finanziario annuale impone di ridurre sempre le spese. La sanità – modello della Lombardia vuole le sue aziende sempre in passerella a riscuotere applausi, ma di questo passo ci si avvia a sfilate di scheletri, non di affascinanti esempi di gestione.
Questo processo di scarnificazione male si concilia con il progetto di un Del Ponte faro del Nord, infatti l’opera è già un nuovo gravissimo insulto urbanistico inflitto alla città da chi rappresenta le istituzioni civiche. Dico nuovo perché il più recente, ma certamente di segno mai mutato almeno nell’arco di un secolo. Diamo un’occhiatina alla storia dello sviluppo della città che vide per esempio opposizioni incredibili da parte di chi considerava folle il collegamento del centro urbano con Casbeno, il lago e l’asse Sud per il tramite di una galleria, nemmeno tanto lunga, nella zona Montalbano. Perché? Per ragioni commerciali non si voleva in sostanza mutare le correnti di traffico nel centro cittadino!!
Sempre in campo urbanistico un errore colossale è stato commesso pochi anni fa con il mancato trasferimento del nuovo ospedale in una zona che avrebbe permesso nel tempo ulteriori sviluppi edilizi e per di più vicina alla Facoltà di medicina e chirurgia. Con l’ospedale per i bimbi ampliato in loco, cioè nel mare del cemento del centro cittadino, ecco dunque un’ altra sciocchezza urbanistica, tenacemente ribadita negli ultimi tempi dopo il tentativo di stop ai lavori, fatto con enorme ritardo, da chi si opponeva per ragioni tecnico-assistenziali alla ricostruzione di un nuovo nosocomio avendone un altro a poche centinaia di metri.
Oggi non ripropongo la contestazione del progetto Del Ponte, avviato per volontà di pochi che coltivavano senza secondi fini il sogno di un grande rifugio per i nostri piccini.
Mi limito a una domanda semplice: se anche al Del Ponte tutto viene sottoposto a cura dimagrante a causa dei tagli alla sanità, ci saranno sempre i soldi per il nuovo progetto o avremo una nuova infinita fabbrica del duomo in edizione bosina, cioè ben peggiorata?
A Walter Bergamaschi, ritornato tra noi con l’incarico più prestigioso della sanità lombarda, credo sia lecito chiedere lumi su tempi e modi del finanziamento del polo materno infantile. Si sono azzuffati in molti sul progetto, mai è stata fatta chiarezza su questo punto essenziale.
Perché il problema esige riposte precise? Perché si potrebbe correre il rischio di ritrovarci con un Del Ponte vuota scatola di cemento, monumento a ricordo anche dell’insipienza urbanistica della ex Città Giardino.
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