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In questi giorni la pubblicità del maxi scooter di una nota marca tedesca ci mostra l’idea di mobilità urbana per cui questo prodotto è stato pensato. Lo vediamo attraversare le strade strette di un centro storico, volteggiare all’interno della città prima di lasciarla per destinazioni più selvagge e poi parcheggiare proprio davanti alla fontana che, intuiamo, sta nella piazza più centrale.
Nel prossimo futuro, la mobilità assumerà sempre più un’importanza cruciale all’interno delle grandi città e degli agglomerati urbani. Per questo motivo abbiamo sempre più bisogno di mezzi di trasporto che siano a misura di città: efficienti, pratici e che siano allo stesso tempo divertenti da guidare. (…) L’obiettivo è sempre stato quello di creare un veicolo che fosse in grado di ottimizzare gli spazi urbani disponibili, sempre più scarsi, senza trascurare il piacere della guida in città sulle due ruote. Così recita la pagina dedicata ai maxi scooter nel sito della casa produttrice. Come non dar loro ragione, a patto che si sia disposti a pagare oltre 11.000 euro e si riescano a gestire i 250 kg di metallo, passeggero escluso, dei quali è fatto il ciclomotore. Sì perché, come bene ci mostra la pubblicità, la moto è roba da maschi giovani, senza nulla togliere alla minoranza di donne che si cimentano con il mezzo. Chi non considera un problema pagare quanto un’auto e consumare carburante come se utilizzasse un’utilitaria di media gamma, lo fa per assicurarsi in cambio una maggiore mobilità nel traffico urbano, oltre al libero accesso a molte zone a traffico limitato inclusa l’area C a Milano.
La città dello spot è Varese e non è stato difficile accorgersi che la moto transita nella zona pedonale, ovviamente liberata dai pedoni per non rischiare un incidente tra un ignaro passante ed il bolide che, lungo corso Moro normalmente riservato ai mezzi pubblici, sembra viaggiare alla sua massima velocità: 175 km/h. È assai probabile che lo spettatore medio non si accorga della situazione anomala ed al massimo riesce nei pochi secondi della pubblicità a riconoscere dove sono state girate le scene.
Ho un lontano ricordo del tempo in cui in piazza Monte Grappa si potevano parcheggiare le auto, come ora fanno le moto dello spot. Ricordo quanto ci è voluto perché una piccola parte del centro storico cittadino fosse sottratta alla circolazione dei mezzi privati. Le poche strade pedonalizzate non hanno certo risolto il problema dell’inquinamento atmosferico che spesso registra superamenti della soglia di attenzione per le polveri sottili con la conseguente adozione di provvedimenti tampone come le domeniche a piedi. La perimetrazione di una piccola area della città dove le persone possono incontrarsi e chiacchierare tra una vetrina e l’altra, complici la pedonalizzazione e lo shopping, non ha avuto nessuna significativa ricaduta sulla mobilità urbana, fortemente dominata dal mezzo privato.
Per constatare quanto sia sovraccarico il sistema viabilistico urbano basta attraversare la città attorno alle 8 del mattino o verso le 6 di sera. Personalmente ho indotto mia figlia ad utilizzare il mezzo pubblico molto precocemente (già dalla prima media) per evitare, come fanno moltissime madri quotidianamente, di infilarmi nell’ingorgo delle 8. Naturalmente se non abitassi davanti alla fermata di due linee di autobus urbani non avrei scelta circa il dovermi far carico dei viaggi casa-scuola di mia figlia e di tutti gli altri spostamenti dovuti alle altre attività. È quindi chiaro che il trasporto pubblico è un servizio che migliora la mia vita e quella delle donne esattamente come gli asili nido e il tempo pieno scolastico.
Ma che la mobilità sia una questione di genere non ce lo indica solo l’ideal-tipo maschile a cui si rivolge la pubblicità degli scooter. Il rapporto del Parlamento Europeo The role of women in the green economy: the issue of mobility del 2012, utilizza fra l’altro i dati emersi da un’indagine svolta in Lombardia nel 2002 relativa alle modalità di spostamento delle persone per ragioni di lavoro, affari, acquisti, studio, vacanze, intrattenimento, visite e motivi personali, dai quali si evincono significative differenze circa le modalità e la frequenza della mobilità di uomini e donne. L’auto privata è il primo mezzo di trasporto per la maggioranza dei circa 580.000 soggetti intervistati, indipendentemente dai sessi, ma le donne registrano un tasso di utilizzo di 8 punti percentuali inferiore agli uomini. Esse sono passeggere di un’automobile per l’8,4% in più degli uomini e rappresentano il sesso che utilizza maggiormente i mezzi di trasporto pubblico (+ 4,4%), la bicicletta (+ 1,1%) ed i loro piedi (+ 4,4%), mentre per quanto riguarda gli spostamenti su motocicletta sono sotto dell’5,4%. Complessivamente le donne si spostano in modo sostenibile per una quota del 10% superiore agli uomini. Questo dato, tra gli altri, spiega perché il ruolo delle donne sia determinante nello sviluppo dell’economia sostenibile, dentro la quale la questione della mobilità è di fondamentale importanza.
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