Si sa che tra due eventi, spesso, il paragone è difficile e forzoso. Per cause storiche e umane. Per le situazioni che, in qualche modo, sempre differiscono o assumono contorni e dettagli particolari. Dunque, il mettere a confronto la nostra situazione politica del momento e il recente conclave che ha portato in un battibaleno al soglio pontificio papa Francesco è davvero un azzardo; addirittura potrebbe sembrare un’offesa.
Eppure, un qualche insegnamento andrebbe ricavato, una qualche riflessione andrebbe fatta.
È dalla sera di lunedì 25 febbraio, cioè da quando s’è concretato nella realtà il risultato elettorale, che la politica italiana è in stallo. Da lì non s’è mosso un passo che uno. E anche la chiamata recente alla presidenza della Camera di Laura Boldrini o a quella del Senato di Piero Grasso, due episodi che in qualcuno hanno pure suscitato emozione, niente ha fatto presagire in vista di un nuovo possibile “governo stabile”. Gli uomini, i partiti continuano a schierarsi l’un contro l’altro armati. Dopo un mese, e anche di più, sono sempre gli stessi brodini che ci vengono ammanniti. E il Paese – se è vero come è stato sempre affermato – che era sull’orlo del baratro, adesso vi sta precipitando. Ogni giorno conquista qualche decina di metri verso il basso, verso un fondo infinito.
Non è che la Chiesa – così si diceva almeno poco più di un mese fa, quando papa Benedetto decise di abdicare – stesse meglio. Problemi ce n’erano. L’altra settimana, il pomeriggio di martedì 12 marzo, inoltre, non pareva che i cardinali entrassero in conclave uniti. Anche lì – sempre stando alle notizie che si leggevano o che se si sentivano – c’erano schieramenti e diverse “linee di attacco”. Ciononostante, a nemmeno ventiquattr’ore di distanza, ecco la notizia dell’habemus papam. Sarà, com’è evidente, che in quel caso corre in aiuto lo Spirito Santo. Ma la prova, l’esempio sono stati molto forti. Tutti sostenevano che sarebbe stato indicato un pontefice giovane e aitante, come lo era agli inizi papa Giovanni Paolo II, venuto dall’Est, ma sciatore e nuotatore… Papa Francesco non sarebbe quel che si dice un “Rambo”, anzi s’è detto che da gran tempo respira con un polmone solo e ha un’età non verdissima. Eppure quanta forza, quanto entusiasmo ha saputo trasmettere. Ancora pochi giorni fa il Corriere della Sera, riferendo l’opinione del rabbino capo di Roma, così titolava: “La sua elezione un segno di speranza”.
Dai nostri politici, giovani e vecchi, solo dubbi, perplessità, (sterili) antagonismi.
Cominciamo a riflettere, tornando al conclave, dalla formuletta tanto nota ma negli altri casi, quelli banali e laici, pochissimo praticata. “Extra omnes!” ha intimato prima della riunione dei cardinali il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. “Fuori tutti!”, e noi – pur pensando a un prosieguo – non aggiungiamo altro. Ma come sarebbe bello se tale formula fosse in uso anche in altre occasioni più prosaiche. Mica per sempre, solo il tempo necessario a certuni (diciamo i leader dei partiti) indicati da milioni di cittadini di mettersi d’accordo, di trovare una soluzione per il bene del Paese e della Nazione, cosa che ai partecipanti di un ipotetico conclave laico dovrebbe pure stare a cuore.
E che bello anche il significato di quel vocabolo – “conclave” – che sta per “sotto chiave”. Sì, tutti chiusi dentro – scelgano gli interessati il sito –, senza contatti con chicchessia, e senza esibizioni a “Porta a porta” fino a quando non se ne escono con un nome, un governo, un programma.
Un sogno, si dirà. Per intanto – noi laici, noi desiderosi (a parole) di una politica che cambi registro sull’esempio di uno stile antico e fruttuoso – continuiamo a farci del male. Altissimi esempi, anche da un punto di vista laico, ne avremmo a iosa. Il nostro è il Paese di Marco Polo e di Dante; di Cristoforo Colombo e di Galileo. Ma, purtroppo, anche quello di Arlecchino e di Pulcinella.
Dichiariamo di essere da tanto tempo in quaresima e invece facciamo in modo che sia sempre carnevale.
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