Definire il caos viario di domenica 3 marzo al Sacro Monte una sorpresa, come ha fatto l’assessore comunale alla polizia urbana, è davvero sorprendente. Come si può non immaginare l’affollarsi d’escursionisti, in un anticipo di primavera strepitosamente bello? E non presagire un brulichìo di curiosi dell’arte, data la gratuita apertura del Museo Baroffio? E non prestar cura alla predilezione che i varesini (non solo i varesini) manifestano verso la loro montagna, gliela dimostrano da sempre, ed era scontato che la riconfermassero dopo aver conosciuto le previsioni meteo e l’offerta culturale?
A stupire è che né l’assessore né alcun altro abbia pensato d’assumere misure che arginassero i disagi annunziati dal pronosticabile assalto al nostro tesoro ambientale, sacro, storico, architettonico. E il modo era uno solo: chiudere al transito la strada d’accesso al monte dopo che i parcheggi sulla cima fossero risultati tutti occupati, e dunque nessuna auto o pullman più ricevibile; e attivare un emergenziale servizio pubblico di bus-navetta.
A mezzogiorno c’era già il tutto esaurito, e s’iniziava l’andirivieni di quanti, non trovando un parcheggio, dovevano tornare indietro. Pur non avendo preparato nulla, si poteva ancora rimediare: sarebbe bastato che la situazione di difficoltà venisse segnalata, e che al bivio per Velate e Fogliaro i vigili urbani imponessero il divieto di proseguire. Lì, tra Sant’Ambrogio e la Prima Cappella, è possibile per chi sale invertire la direzione di marcia percorrendo un breve anello di riconversione a “u”.
Invece nulla. I vigili arrivavano tardi, e solo perché sollecitati dalla scorta del ministro alla Giustizia Severino finita come la gran massa dei visitatori nel girone infernale del traffico impazzito e incapace di destreggiarvisi. A quel punto, mettere ordine nella confusione s’annunziava come un’impresa titanica. E difatti ci sono volute ore per riportare sotto controllo ciò che vi era sfuggito del tutto, fra i mugugni e le proteste degli automobilisti per il pomeriggio trascorso in un’infinita coda e per il fioccare delle multe da divieto di sosta.
Si è perciò mancato sia nel prevenire sia nell’ovviare alla fallita prevenzione, pur se era possibile e semplice. Una débacle che avrebbe dovuto concludersi con due gesti: le scuse ai cittadini, e l’impegno ad adoperarsi perché il fenomeno negativo non si ripeta. Le scuse non sono venute, e pazienza. L’impegno ci si augura che venga, e con impazienza. Nell’attesa che si compia il progetto strategico per il rilancio del Sacro Monte (posteggi alla Prima Cappella), parrebbe opportuna la definizione d’un piano d’intervento attivabile in condizioni critiche. O magari, caricandosi l’onere d’una decisione di buonsenso più che di coraggio, la scelta d’un orientamento definitivo per la viabilità nei mesi primaverili ed estivi: stop alle auto nelle domeniche e nei giorni di festa, potenziando il servizio di trasporto pubblico e fatto salvo il lasciapassare per i pullman dei pellegrini. Non sarebbe una rivoluzione (il provvedimento fu adottato con buoni risultati dalla giunta Fassa agli albori del leghismo, e poi episodicamente ripetuto), ma soltanto una risoluzione. Un dovuto deliberare, come da mandato ricevuto dai cittadini.
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