Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Editoriale

IL MONDO AL CONTRARIO

MASSIMO LODI - 26/02/2013

Il mondo al contrario si accosta al potere, condizionerà il potere, potrebbe perfino entrare nelle stanze del potere. E’  il mondo  al contrario che va dritto al sodo. Il mondo che guarda ai suoi vantaggi e svantaggi. Il mondo né moderato né riformista, né rivoluzionario né conservatore. Il mondo che si fida solo della sua credibilità. Dei suoi umori. Delle sue doglianze. Il mondo di quelli che al mercato, sull’autobus, in treno raccontano umili: siamo momentaneamente vivi. Il mondo di quelli che temono che al peggio non ci sia fine, e rifiutano d’immaginare un meglio a lunga scadenza. E allora protestano subito e forte.

Anche qui da noi, terra di prudenze e saggezze, la tornata elettorale va così. Chi sta a casa (non pochi), chi cambia casa (da un partito all’altro), chi decide semplicemente di mandare a casa (via tutta la vecchia politica). Non c’è questione settentrionale che prevalga, non territorio che sia di richiamo, non affezione che si faccia preferire. Macché. Basta e ancora basta. Basta con l’Europa, basta con l’austerità, basta con i sacrifici. Basta (anche, se capita) con le intoccabilità, le mangerie, le corruzioni. Un voto d’istinto, e al diavolo i pericoli del voto d’istinto.

Il grillismo accoglie a braccia aperte la moltitudine dei delusi (corsia di sorpasso sulla Lega), il bersanismo la riceve in parte (primo partito a Varese), il berlusconismo-leghismo la convince nella restante parte (primazìa lombarda). Il montismo paga le sciagurate colpe di molti. Il montismo che ha sbagliato a scendere in campo (a salire in politica), che non si vede accreditare il miracolante salvataggio di un’Italia sull’orlo del fallimento, che a Varese raccoglie consenso come altrove non gli riesce (perfino più di Grillo), ma è sempre un raccolto di minoranza.

Spariscono gli estremismi classici, prevale il fondamentalismo dell’inquietudine, dalle urne esce un voto contro qualcuno e qualcosa piuttosto che a favore di qualcuno o qualcosa. Poco importa se l’onda dell’obiezione di massa porterà a un Parlamento ingovernabile. Importa che ne si avverta la minacciosità, peraltro da tempo pronosticata. E’ la minacciosità, cioè la disperata chiamata, dei marginali e dei vulnerabili. Del popolo dei vinti, poco interessato a incoronare un vincitore e assai determinato a indicare una fila di sconfitti. Come vent’anni fa, quando Bossi era Grillo, Grillo era ancora un comico, l’Italia era vogliosa di cambiare, la classe politica non era all’altezza dell’Italia.

Ma allora ci fu chi la spuntò e chi venne spuntato. Ora c’è chi la spunta a metà e chi per l’altra metà. Sicché insceniamo la rappresentazione d’un Paese sospeso e incerto. Frastornato dagl’imbonitori, percorso dalle illusioni, determinato a rivendicare, anche se diviso su che cosa esattamente rivendicare: solo la restituzione a breve di qualche manciata d’euro e la riduzione di qualche tassa, o anche l’abolizione d’una intera casta e d’ogni smaccato privilegio, di casta e non di casta?

E’ un Paese insieme ingenuo e rabbioso, candido e smagato, punitivo e indulgente. Un Paese che, dalle nostre parti e anche in virtù della vittoria regionale di Maroni su Ambrosoli, non spegne (riaccende) la stella di Berlusconi che dà luce alla Lega. La ragione economica prevale su qualsiasi altra ragione, la fantasia d’un tot di promesse entra nel garage del sogno, il posto per la macchina del consenso viene occupato. Da oggi bisogna decidere, dopo esservi saliti a bordo, in quale direzione guidarla.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login