“Meglio qualcosa che niente” …: ecco cosa ho pensato nel leggere il testo della Legge 14 gennaio 2013, n.10 su “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, entrata in vigore nel nostro Paese in questo mese di febbraio.
Sicuramente le nuove norme sono un positivo tentativo di colmare un vuoto legislativo a livello nazionale che metteva a rischio la stessa sopravvivenza dei nostri alberi monumentali. La mancanza di una Legge nazionale, infatti, aveva determinato un’area di autonomia legislativa da parte di Regioni e Comuni con il proliferare di regolamenti diversi e non uniformi che di fatto si traducevano in un caos operativo per la tutela degli alberi.
Finalmente si tenta di regolamentare e dare una dignità alla funzione delle piante e del verde nelle nostre città; finalmente si tenta di introdurre strumenti per censire e tutelare gli alberi monumentali italiani. Finalmente si ipotizza la possibilità di sanzionare pecuniariamente – con una forbice però molto ampia e si sa in Italia si trova sempre il modo di giocare al ribasso – chi abbatte o danneggia un soggetto arboreo classificato come monumentale.
Finalmente si riconosce agli alberi una funzione ambientale, paesaggistica e di miglioramento delle condizioni urbane. Finalmente…, ma … – e non è per fare il solito incontentabile – … il testo della Legge va letto attentamente anche perché con gli alberi è facile cadere nella demagogia, nella promessa elettorale che resta tale o nella buona intenzione che poi rimane lettera morta o monca, come è avvenuto per la Legge 113 del 1992, la famosa Legge di un albero per ogni nuovo nato che è rimasta completamente disattesa.
Anzitutto la nuova Legge riconosce il 21 Novembre come “Giornata nazionale degli alberi”: e questo sicuramente è un dato positivo purché non si ricada, come spesso è accaduto in passato, nelle solite retoriche giornate con la cerimonietta di messa a dimora di alberi destinati poi ad intristire in qualche cortile scolastico o in qualche giardinetto mal tenuto e mal conservato.
Interessante è sicuramente l’introduzione del concetto di “Bilancio arboreo” che obbliga – e metterà di certo in difficoltà – i Sindaci di Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti a rendere pubblico il rapporto fra numero degli alberi piantati in terreno pubblico rispettivamente al principio e al termine del proprio mandato, dando altresì conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi di competenza; con l’augurio che questo dato statistico non si traduca in una surrettizia moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Viene istituito presso il Ministero dell’Ambiente un non meglio precisato “Comitato per lo sviluppo del verde pubblico” con molti compiti, tutti indefiniti e quindi con il reale sospetto – o meglio con la certezza – che il tutto si risolverà nell’ennesimo, costoso e inutile organo burocratico, buono per piazzare qualche tecnico con meriti di appartenenza, anziché di competenza.
Si impone ai Comuni e alle Regioni, che fungeranno da garanti e custodi, di effettuare entro un anno il censimento degli alberi monumentali radicati nel proprio territorio; le risorse economiche per tutte queste attività non dovranno essere fonte di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Come spesso accade dunque si fa una Legge e si lascia poi al volontariato, al sempre più introvabile sponsor di turno, all’onnipresente ed encomiabilissimo Corpo Forestale il compito di attuarla. Le classiche nozze coi fichi secchi!
Veramente fumoso è l’ articolo 6 della nuova Legge dove si danno direttive atte a promuovere iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. Un bel vademecum di buoni propositi e iniziative, un bel calderone dove ci hanno messo di tutto, manco fosse la borsa di Mary Poppins: dal rinverdimento verticale degli edifici (costo medio 800 € a mq. escludendo la manutenzione negli anni! …e chi mai se lo potrà permettere), “alla realizzazione di grandi aree verdi pubbliche nell’ambito della pianificazione urbanistica”, all’ assorbimento delle polveri sottili e al protocollo di Kyoto, alla stesura di capitolati d’ appalto che prevedano l’ obbligo di dotare i parchi di impianti irrigui e di drenaggio… Anche qui si tralascia di dire con che mezzi economici tutto questo Paese del Bengodi verde sarà finanziato! Belle intenzioni che stridono con la dura realtà di questa crisi economica che attanaglia anche Amministrazioni, come Varese, che hanno sempre fatto del verde un proprio fiore all’ occhiello e che si ritrovano oggi alla canna del gas.
Sul verde oggi si taglia non si investe! Nella nostra città si è giunti perfino a stendere “innovativi” regolamenti per affittare i nostri giardini storici per feste e iniziative private dato che quattrini per il loro mantenimento non ve ne sono. C’è veramente da chiedersi se gli estensori della nuova Legge abbiano bene presente la realtà quotidiana che ci circonda.
Pur tra molti ma e se, la nuova Legge si sforza di dare una definizione di cosa si debba intendere per albero monumentale, fornisce criteri per la loro tutela e obbliga Comuni e Regioni ad istituire un catasto di questi nostri patrimoni ambientali e paesaggisti; si arriva persino a stabilire la sanzione pecuniaria per chi li abbatta o li danneggi: si va da un minimo di 5000 euro ad un massimo di 100.000, senza ovviamente stabilire quali siano i criteri applicativi dell’una o dell’ altra sanzione. Cifre dunque che sembrano buttate lì senza entrare nel merito specifico dell’albero. Occorrerebbero, invece, criteri estimativi certi e oggettivi che tengano conto delle peculiarità paesaggiste e monumentali del singolo albero. Criteri tra l’altro già pronti e presentati a Varese nel recente Convegno di novembre sugli alberi. Così il nostro cedro del Libano di Villa Mirabello avrebbe un valore di circa 300.000 euro!
Ogni pianta secolare, come ogni monumento artistico, ha un suo valore che varia da specie a specie e da caso a caso… e come la mettiamo dunque con questi 5000 euro a forfait?… ma come dicevo all’inizio forse “quai cos l’e’ mei che nagott!!!”.
Ben venga dunque la Legge n.10 del 14 gennaio 2013.
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