“La politica in Italia è ormai arrivata alla frontiera del Nulla” (Guido Ceronetti).
Il tema dell’ambiente è praticamente ignorato in questa campagna elettorale; la valorizzazione delle risorse territoriali, delle città, del paesaggio non fa parte della politica che si è colpevolmente disinteressata della “idea di città e del territorio come bene comune”.
Questa indifferenza, che evidenzia una mancanza di cultura urbanistica, ha permesso che il territorio costruito, nel periodo dal 1999 al 2004, è cresciuto, nella sola Lombardia, a un ritmo di tredici ettari al giorno: qui si è concentrato il venti per cento della superficie italiana sulla quale è stato permesso di costruire, la pianura padana sta scomparendo sotto una coltre di cemento e di asfalto.
Le cause sono note e sono tutte ascrivibili alla responsabilità dei politici: gli strumenti urbanistici sono inadeguati e hanno effetti perversi; sono l’esito di una radicale “deregulation” legislativa funzionale al modello liberista e mercatista e dell’abbandono, da parte dei Comuni, delle pratiche della pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale. Le Regioni, pur avendo il compito primario di tutelare le risorse ambientali, hanno lasciato il territorio alla speculazione dei gruppi immobiliari privati dietro i quali si celano spesso le cosche mafiose.
In una lettera aperta che un folto gruppo di personalità della società civile lombarda ha indirizzato alle forze politiche si leggono frasi pesanti e accuse serie e gravi: “Si sono messi sullo stesso piano gli interessi privati e l’interesse pubblico; si sono semplificate le regole; si è delegittimata una prassi corretta di amministrazione, pianificazione e gestione del territorio. Soprattutto si è aperto il varco alla criminalità organizzata, come dimostrato dalle indagini della magistratura, attenuando i controlli pubblici e rendendo i processi decisionali meno trasparenti così da offrire una formidabile opportunità di radicamento delle organizzazioni mafiose”.
Nel silenzio della cultura tecnica e politica, l’opinione pubblica non ha ancora preso coscienza della invadenza del nostro territorio da parte della organizzazioni criminali in tutto il Nord per investire nel ciclo del cemento, riciclando denaro proveniente dalle attività illegali. Le cronache hanno peraltro evidenziato i legami tra malavita e alcuni personaggi del mondo politico e finanziario che pongono una seria ipoteca sullo svolgimento dell’attività economica libera da tangenti che rappresentano un costo per la collettività e una forma grave di inquinamento della vita politica.
La Regione Lombardia ha una specifica responsabilità per il degrado del territorio perché con la legge regionale 12/2005 ha definitivamente sancito il ruolo subalterno della pubblica amministrazione rispetto all’interesse privato e alle numerose lobby che lo alimentano.
L’applicazione del “modello lombardo” ha ridotto i Piani di Governo del Territorio a una funzione di mero iter burocratico, peraltro difficilmente emendabile. Milano, per esempio, ha adottato nel 2010 un piano che prevede uno sviluppo per 257.946 nuovi abitanti, per una città che già ne conta circa un milione e trecentomila, con trentasei milioni di metri cubi di nuove edificazioni.
Siamo lontanissimi dalle pratiche urbanistiche a livello internazionale (come in Germania, Inghilterra e Francia) dove la pianificazione territoriale ha dimostrato la possibilità di coniugare lo sviluppo con la tutela ambientale.
Occorre una nuova normativa urbanistica da parte dello Stato e delle Regioni che sostituisca quella obsoleta, risalente all’epoca fascista, e quella parziale e insufficiente dell’epoca successiva e restituisca alla pianificazione la capacità di rendere evidenti e riconoscibili le strategie del territorio e delle città, che sono la base del capitale umano e sociale. È pertanto necessario reintrodurre nella pratica urbanistica norme e parametri, oltre ad una nuova disciplina degli oneri di urbanizzazione che devono contribuire a sostenere le spese delle reti urbane.
Quello del governo del territorio è uno dei compiti più importanti attribuiti all’ente Regione per salvaguardare beni irriproducibili, per evitare che la congestione da traffico paralizzi gli spostamenti di persone e cose, per prevenire le periodiche catastrofi che provocano vittime e costi ingenti ben superiori a quelli che sarebbero necessari per la manutenzione e la prevenzione.
Di questi aspetti concreti della politica che influiscono sulla qualità della nostra vita e sul futuro delle nostre zone, i candidati al Consiglio regionale e al Parlamento non hanno nulla da dire?
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