“Rammento che negli anni Cinquanta, quando già Rimini cresceva in modo allarmante, c’erano ancora ampi tratti di duna fra Rimini e Riccione… Sono tornato dopo alcuni anni e il cemento aveva già invaso tutto. Il fascino della duna era stato cancellato per sempre. Come lungo l’intera costa emiliano romagnola, con la sola eccezione di qualche oasi e del litorale verso il Delta…”.
La scomparsa delle dune di sabbia, fioritissime nella bella stagione, come metafora dell’aggressione al paesaggio italico. Spianate dai divertimentifici tirati su lungo il mare, un modello che ha fatto scuola, pur su scale differenti, in molte parti della penisola e che ha dato i natali a un nuovo verbo, “riminizzare” dopo l’altrettanto esplicativo “rapallizzare” coniato con riferimento alla cementificazione che, negli anni ’60 e ’70, ha quasi del tutto cancellato la memoria ottocentesca della cittadina ligure. Storie di ordinaria speculazione, di malcostume pubblico e privato, di leggi mancate o disattese, di governi e amministrazioni locali imbelli e spesso complici del degrado.
Ce le racconta in un libro dal titolo emblematico, “Belpaese Malpaese”, Vittorio Emiliani, grande cronista di “bianca”, si sarebbe detto un tempo, in contrapposizione alla “nera” che si occupa di delitti e fatti criminosi in genere. Il piccolo sottotitolo del volume svela la chiave del sapiente montaggio dei testi: “Dai taccuini di un cronista 1959 –2012”. Come dire più di mezzo secolo in giro per l’Italia ad analizzare documenti, a parlare con politici, amministratori pubblici, architetti, ingegneri, urbanisti, semplici cittadini, per capire e raccontarne la crescita vitale ma troppo spesso anarcoide e autolesionista. Centinaia di pezzi pubblicati su testate di grande rilievo nazionale: da Comunità, la prestigiosa rivista dell’Olivetti, all’Espresso di Arrigo Benedetti; dal Giorno di Italo Pietra – dove resta per quattordici anni – al Messaggero di Roma del quale per sette anni sarà direttore. Poi, oltre agli articoli, relazioni a convegni, interventi, incontri con personaggi della cultura, del teatro, del cinema come i registi Federico Fellini e Florestano Vancini.
Non solo giornalista e scrittore di razza Vittorio Emiliani ma operatore culturale di prima grandezza, appassionato, poliedrico (biografo anche di Gioacchino Rossini!) irriducibile, cofondatore nel ’97 del “Comitato per la bellezza”, vera e propria sentinella del paesaggio nazionale che non si limita alle denunce, ai “j’accuse”, ma che propone analisi accurate e avanza proposte intelligenti e di buon senso. Come nel 2005 quando la relazione dell’autore al convegno del Comitato ha un titolo davvero eloquente “Centri storici svuotati o stravolti. Nei campi cemento e asfalto”. Nove città italiane – grandi, medie e piccole – osservate attraverso la loro evoluzione – involuzione demografica, città quasi sempre di straordinaria bellezza ridotte a involucri devitalizzati mentre annota “tocchiamo con mano una crescita continua di nuovi quartieri, di centri commerciali, di multisala, di vere e proprie “cattedrali dell’iperconsumo”, che condannano gli italiani a spostarsi di continuo in automobile e che agiscono pesantemente sulle stesse città vecchie che così perdono di continuo negozi (alimentari anzitutto), sale cinematografiche e altro.
Un destino, cui non sfugge del resto neppure Varese, propiziato improvvidamente dalla legge finanziaria 2000 (governo Prodi) che ha cancellato l’articolo 12 della legge Bucalossi del 1977 che vincolava i proventi degli oneri di urbanizzazione a spese di investimento connesse alla gestione delle città e non alle spese correnti. Da quel momento i Comuni, sempre più impoveriti dagli esigui trasferimenti dallo Stato centrale, hanno di fatto dato via libera a nuovi e quasi sempre disastrosi insediamenti.
“Fondamentale sarebbe ripristinare in toto – conclude Emiliani – l’articolo 12 della legge Bucalossi”. Un promemoria per il Governo che verrà.
“Belpaese Malpaese”, Vittorio Emiliani, Bononia University Press, pagine 435, Bologna.
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