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Editoriale

RATZINGER, IL GESÙ POSTMODERNO

MASSIMO LODI - 12/02/2013

Gli volevamo bene, adesso gliene vogliamo ancora di più. Perché ci pare, riguardi a parte, una persona fra tante persone. Il Papa, e non è un film,  lascia come chiunque di noi avrebbe lasciato un qualsiasi incarico. Chiunque di noi che ne avesse il coraggio e l’umiltà. Lascia ciò che nessuno, salvo rare e lontane eccezioni, ha lasciato mai fra gli ecclesiali predestinati. Lascia per senso di responsabilità più che di stanchezza. Lascia, se ne va, si dimette.

Ecco, si dimette. Che gesto rivoluzionario, nobile, postmoderno. Esemplarmente laico oltre che intimamente religioso. Il Papa che avverte l’inadeguatezza al ruolo, la resistenza fragile all’impetuosità delle incombenze, la coscienza che lo ammonisce e lui le dà retta: pensaci, prima di continuare, perché forse è inopportuno.

Ecco, l’inopportunità. Conviene di più, per gl’interessi di tutti, che uno si tiri fuori? Una domanda poco ricorrente, tra i protagonisti dell’abituale spazio scenico popolare. E invece raccolta con rispetto ed evasa con puntiglio da Benedetto. Evasa da tempo e resa nota solamente ora perché l’ultimo dubbio va sempre rispettato, un sussulto d’incertezza non è da sopire, le ragioni del cuore possono battere più forte del cuore della ragione.

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