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Cultura

IL SIGNIFICATO DEL PERDONO

ALESSANDRO TESTA - 11/02/2013

“Ogni riferimento a fatti, persone o avvenimenti realmente esistenti non vuole essere del tutto casuale ma sinceramente connesso fra di loro”.

È questo il vero incipit del romanzo. La frase riportata nel frontespizio, “33 anni”, esprime in estrema sintesi la trama: un sottile gioco di incastri che portano i tre protagonisti a vivere, inconsapevolmente, un unico, drammatico e meraviglioso senso della loro esistenza.

“33 anni” è il mio secondo romanzo. Preceduto da “La certezza del dubbio” (Robin edizioni, ottobre 2006), rispecchia il compimento e il prosieguo di un cammino secondo il famoso aforisma per il quale uno scrittore scriverebbe un unico grande libro in tutta la sua vita.

L’idea del romanzo nasce da una testimonianza ascoltata in radio qualche anno fa: parlava di alcune suore violentate da un gruppo di guerriglieri in una nazione dell’America Latina degli anni ’60. Una delle vittime rimase incinta e fu costretta a svestirsi dell’abito monastico per accogliere la nascita della figlia, concepita nella violenza.

Per diversi anni questa storia mi fece riflettere: non riuscivo a capire come poteva, una suora, votata alla castità per il suo Sposo, accettare un fatto tanto infamante, quale è stato l’abuso subito, e gioire di quella nascita. Incominciai a scrivere varie versioni della faccenda: non volevo si trattasse di una riproduzione storica dell’accaduto. Volevo semplicemente che nascesse una storia: una storia che potesse spiegarmi il significato del perdono.

Tutti gli approcci intentati, però, non mi soddisfacevano. In definitiva veniva a crearsi un personaggio violentato, nella forma peggiore con la quale si può concepire una violenza e, nonostante questo, in grado di perdonare il suo carnefice amando il frutto di quella violenza. La domanda che continuavo a pormi era: come posso amministrare un super-personaggio di questo calibro per l’intera durata della storia? Con quale onestà intellettuale posso sostenerne l’esistenza?

D’altra parte era il significato che quel personaggio esprimeva ad affascinarmi tanto e non era mia intenzione infangarne l’immagine. Pertanto presi una decisione del tutto involontaria: ne amplificai la caratura umana fino al punto di farle esercitare il perdono nel momento stesso dell’abuso. Un atto d’amore totale che si spiega solo nella sofferenza. Un atto d’amore, però, che sembra concludersi nel personaggio stesso. La trasformazione nella condizione di madre “carnale” di una bambina, porta con sé la prova tangibile di quel perdono: e così come a me non riusciva in alcun modo di macchiare la santità del mio personaggio, così il mio personaggio non riuscirà mai a rivelare la verità a quell’atto d’amore puro. Il tentativo di preservare la bambina dalla sofferenza di una realtà così dura, però, porterà la figlia sull’orlo del baratro.

È a questo punto che la storia di suor Anna e Cristina ha realmente inizio. Volevo però inserire la trama in un contesto subacqueo: la mia passione.

Sono sempre stato particolarmente attratto dal racconto di vita del mio istruttore, un caro amico che mi ha incoraggiato anche nella scrittura. Trasferitosi da bambino in Argentina, rientra in Italia dopo una decina d’anni ma non si trova a suo agio. Appena adolescente, viene in contatto col mondo subacqueo degli anni 70 e da lì inizia la sua carriera. Nel libro ho trascritto alcune sue scene di vita, ma in definitiva non è biografico. Non era quello il senso. Il personaggio si chiama Stefano.

A questo punto avevo due storie indipendenti ed un contesto: dovevo fare in modo che queste componenti si intrecciassero. La storia centrale era quella di Cristina. Avevo necessità però di creare un personaggio che ne alimentasse il valore. Nasce, per questo motivo, Leonardo, un ragazzo desideroso di conoscere il motivo per il quale si trova al mondo. La sua storia è totalmente inventata e solo in alcuni momenti innesto dei riferimenti autobiografici… e da qui nascono le mie riflessioni finali.

Raccontare maggiori dettagli, vorrebbe dire svelare la sincronicità delle coincidenze che in parte ho voluto e in parte si sono create, per far coincidere i tre personaggi. Leonardo, Cristina e Stefano condurranno tre esistenze apparentemente parallele che assumeranno senso solo inquadrandole in un progetto più ampio.

La conclusione del romanzo svelerà una risoluzione degli eventi parzialmente studiata a tavolino. Alcuni retroscena saranno invece frutto della narrazione stessa.

Per questo motivo ho sentito la necessità di terminare con un messaggio esterno al romanzo, per rendere partecipe il lettore del mio stesso stupore.

Prima di concludere volevo fare un breve richiamo al mio primo romanzo: parla di uno scrittore che, scrivendo un libro, si trova a vivere le situazioni che narra e, a sua volta, farà vivere al protagonista alcune circostanze della sua esistenza.

Non vivo per scrivere né scrivo per vivere, ma la mia vita fluisce in ciò che sto scrivendo” è la frase che lo caratterizza. Scrivendo questi due romanzi ho scoperto che l’onesta intellettuale, di cui parlavo sopra, si svela anche nel riconoscere questo rapporto misterioso tra la scrittura e lo scrittore.

Buona lettura a tutti.

Alessandro Testa, “33anni”, pp 297, Kolbe edizioni Bergamo

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