L’incontro di mercoledì scorso tra il Cardinale Angelo Scola e il filosofo Massimo Cacciari sulle ragioni della fede, organizzato dalla Chiesa varesina come apertura di una riflessione sull’Anno della Fede, ha avuto i caratteri di un evento del tutto straordinario non solo per l’inaspettata risposta che il pubblico varesino ha riservato alla proposta fatta (il Teatro Apollonio stipato in tutti i suoi milleduecento posti con centinaia di persone che hanno seguito all’esterno), ma per il livello altissimo del dialogo e per la profondità di riflessioni consegnate a ciascuno.
Chi si aspettava uno scontro dialettico tra l’uomo di Chiesa e il filosofo laico che portasse ad una contrapposizione, ha dovuto invece constatare che un’intelligenza vivace ed aperta, senza pregiudizi ideologici ma onestamente rivolta alla verità, non solo non produce inimicizia verso la fede ma la coglie come essenziale punto di riferimento con cui misurarsi. La serata è stata un vero incontro/coinvolgimento tra i due finissimi intellettuali che si sono reciprocamente messi in gioco, lasciandosi provocare dal desiderio di capire e di non abbassare mai la guardia sul tema della Verità. La fede e la ragione non solo non si contrappongono, ma si implicano come “due fiori sbocciati nello stesso campo che non possono fare a meno l’una nell’altra”, come ha suggestivamente detto l’Arcivescovo.
Muovendo dall’affermazione di Leibniz, secondo cui l’uomo parte nella sua ricerca come filosofo e finisce come teologo, Massimo Cacciari ha mostrato la inevitabilità per la retta ragione di interrogarsi sulla verità delle cose riconoscendo l’atteggiamento metafisico di un’autotrascendenza rispetto ai caratteri misurabili dell’esperienza, e giungendo alla domanda su Dio che scaturisce dallo stupore del fatto che “esiste l’ente e non il niente”. La storia del pensiero è tutto orientata in questa direzione, per cui il Cardinale Scola ha potuto ampiamente documentare come la fede sia la questione seria e non scontata per tutti gli uomini che hanno un’apertura a trecentosessanta gradi sulla realtà, in obbedienza all’esortazione di San Paolo secondo cui “tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.
Così la serata, introdotta da Monsignor Donnini e moderata dal giornalista varesino Enrico Castelli, si è snodata per oltre un’ora e mezza in un’atmosfera di assoluta attenzione del pubblico che ha accettato la sfida di una serrata argomentazione teorica mai disgiunta dall’esperienza quotidiana, che lungi dall’essere disquisizione di carattere accademico, ha testimoniato il reciproco implicarsi di due uomini che si sono parlati con grande lealtà ed una profonda voglia di capire. Con ciò sia Scola che Cacciari hanno dato prova di un metodo dialogico che non dà per scontato nulla, che evita sterili dogmatismi sia religiosi che laici, ed apre ad una stima reciproca, anche se il filosofo laico ha dovuto riconoscere che la marcia in più del credente sta proprio in questa fiducia nell’uomo che dopo Cristo non può più vivere il male come strada definitiva della sua vita.
È impossibile rendere analiticamente conto della ricchezza di questo confronto, ma certo non c’è stata cattedra né del credente né del non credente, ma piuttosto il guardarsi in faccia di due uomini di altissima caratura culturale che hanno accettato la sfida della testimonianza di ciò che sono. Essenziale è stata la raccomandazione finale dell’Arcivescovo ai credenti di testimoniare l’unità tra fede e ragione non solo con un generico buon esempio, ma rendendo evidente il loro amore alla verità, dal momento che ogni uomo è chiamato ad un impegno totale. Nessuno può evitare di prendere posizione dinanzi all’esistenza, e proprio il nesso tra la fede e la ragione può liberare l’uomo dalla pretesa di una volontà di potenza che ogni giorno lo assale. Contro la tentazione di ridurre anche la fede ad un affare privato che non investe l’esistenza, la serata di mercoledì ha messo in luce la responsabilità di ogni uomo, e l’applauso finale riservato ai due relatori da una folla non certamente costituita solo da cristiani impegnati dice di un interesse per questi temi, spesso sottovalutati proprio dai credenti.
Una domanda rimane aperta: non sono proprio i fedeli ad essere eccessivamente timidi nel rendere esplicita la loro testimonianza? L’interesse dell’altra sera sta a dimostrare che bisogna tenere aperte delle domande e riprendere un discorso insieme in un confronto sereno come quello vissuto da un filosofo laicamente impegnato con la sua ragione e da un cardinale che non ha paura di confrontare tutta la vita con la fede, in nome di una comune passione per il destino di uomo.
Qui è possibile vedere l’intero video dell’incontro
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