Le vicende che hanno accompagnato la predisposizione dei Piani di Governo del Territorio nei centoquarantun Comuni della Provincia di Varese, con una sessantina di Comuni che non hanno completato l’iter di approvazione entro lo scorso 31 dicembre, paralizzando progettazioni e opere, ci obbligano a compere alcune necessarie considerazioni.
Innanzitutto appare con chiarezza l’inadeguato affidamento ai singoli Comuni, qualunque sia la loro dimensione territoriale e demografica, i compiti di pianificazione urbanistica. La pianificazione urbanistica non riguarda infatti solo problemi quantitativi anche di grande rilevanza come il consumo di suolo e il contenimento dell’edificazione. Ma riguarda, o dovrebbe soprattutto riguardare, la costruzione della città come luogo di vita e di relazioni sociali.
Le città reali non sono più definibili dai confini comunali: è inaccettabile quindi che si continui la pratica della pianificazione comunale sottoposta a una verifica di puri aspetti normativi e di non contraddizione con più generali prescrizioni del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e della pianificazione regionale.
Per rimanere nell’ambito provinciale, è evidente la conurbazione tra Busto, Castellanza, Gallarate che si unisce all’area legnanese. Come altrettanto evidente è la relazione interdipendente tra Varese e i centri sulla sponda del lago, ai piedi del Campo dei Fiori, nella Valceresio.
La conservazione dell’ambiente, la difesa del paesaggio, l’arresto della dispersione edificata , il ruolo delle città reali si può solo affrontare con una pianificazione più estesa di quella strettamente comunale che affronti anche la rilevanza sociologica di queste città. Che hanno bisogno anche di segni nuovi di identità complessiva, nel rispetto e valorizzazione dei segni della storia.
Si può giustamente obiettare che tutto questo non era impedito con l’applicazione della legge regionale del 2005. Che era possibile una iniziativa ‘politica’ che è mancata. Soprattutto per la mancanza di visione consapevole dei centri maggiori. Che avrebbero dovuto offrire, nel rispetto dei centri minori, l’avvio di un confronto responsabile su questo tema.
Domani, dopo il confronto elettorale, la nuova Amministrazione Regionale dovrebbe avviare una riflessione al riguardo. Già negli anni ’70 la nuovissima istituzione ci aveva provato. L’operazione di accorpamento delle Province, confusamente avviata dal governo dimissionario per puri fini di risparmio di spesa, non avrà incidenza su queste necessità reali, che la Regione non potrà non affrontare.
L’Area metropolitana Milanese può diventare un alibi per Busto Arsizio e certo per Saronno.
Ma non potrà essere invocata da Gallarate e da Tradate. I luoghi delle comunità storiche devono prendere atto delle attuali relazioni e costruire insieme i nuovi luoghi per affrontare i problemi e il progetto delle rispettive e delle nuove comunità.
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