Il 3 febbraio 1959, raccontano le cronache, è una data funesta per il rock. Era la notte tra un lunedì e un martedì. Un gruppetto di giovani ma già famosi musicisti si trovava in tournée. All’aeroporto di Clear Lake, nello Iowa, dopo una performance, fu noleggiato un velivolo che avrebbe dovuto trasportare il complesso a Fargo, nel Nord Dakota, per un altro spettacolo. Ma l’aereo non arrivò mai. A causa della nebbia – pare – il piccolo aereo si schiantò al suolo. Nell’incidente persero la vita Buddy Holly, 22 anni, Ritchie Valens, 17, e Big Bopper, 28 anni, oltre al pilota ventunenne Roger Peterson. Dall’incidente, come accade spesso in tali circostanze misteriosamente dettate dal destino, si salvò il chitarrista Tommy Allsup, il quale aveva sorteggiato l’ultimo posto rimasto libero sull’aereo con il compagno e amico Ritchie Valens.
La storia è narrata anche in un film importante di più di vent’anni fa (La Bamba, 1987, di Luis Valdez), che ne prende lo spunto per parlarci della vita breve di Ritchie Valens e della sua famiglia, i Valenzuela, che abitava in un quartiere poverissimo di Los Angeles. “La Bamba” era il titolo dell’ultimo e più famoso successo del giovane Ritchie, che in poche settimane aveva scalato le classifiche.
Ma molto famosi erano anche Buddy Holly, una sorta di campione del rockabilly, il genere musicale che furoreggiava in quegli anni (That’ll Be the Day, Peggy Sue, Oh Boy, May be Baby, Fool’s Paradise, Heartbeat, It Doesn’t Matter Anymore… ) e il “più anziano” Big Bopper: il suo brano di maggior successo, Chantilly Lace, venne inserito una quindicina di anni dopo nella colonna sonora del film “American Graffiti” di George Lucas. Non a caso quel giorno – il 3 febbraio 1959 – è conosciuto tra i fan – soprattutto giovani e… meno giovani americani – come “Il giorno in cui è morta la musica” (The Day the Music Died). Accennando un azzardato paragone, la tragedia aerea di Clear Lake si può avvicinare al mondo calcistico e alla sciagura di Superga, il 4 maggio 1949, quando precipitò l’aereo con a bordo la squadra del Grande Torino, e dei componenti nella stragrande maggioranza della nazionale italiana dell’epoca.
Se nel mondo della musica rock statunitense la data del 3 febbraio ’59 è spesso ricordata e commemorata, non altrettanto accade in Europa e in Italia, dove pure il genere rockabilly ha ispirato e generato molti seguaci. Per non andar lontani, i Beatles e i Rolling Stones.
A colmare il vuoto, anche culturale, ci ha pensato un varesino, Fiorenzo Croci, ideatore e fondatore, nella nostra città, dell’associazione “Il Cavedio”. Per il terzo anno, Fiorenzo Croci, che è un grande collezionista – di certo uno dei principali in Lombardia – di dischi rock e rockabilly, ha promosso insieme con alcuni amici l’edizione del Festival varesino del rock, preludio invernale, in un certo senso, anche dell’ormai famosa rassegna estiva di Senigallia – il Summer Jamboree –, tutta incentrata sul rock and roll degli anni Cinquanta e che chiama sempre al suo appuntamento migliaia di appassionati da ogni parte del Globo. Una manifestazione molto particolare nella quale Croci, da gran tempo, è presente e protagonista.
Gli incontri varesini si terranno nel salone dell’ex Liceo musicale di piazza della Motta, e altri nel locale Cavedium Bar di via Cavallotti da giovedì 7 a sabato 9 febbraio. Con un anticipo, domenica pomeriggio 3 febbraio, ancora nel salone dell’ex Liceo musicale, dove si svolgerà una tavola rotonda sulla musica (anche italiana) degli anni Sessanta. Il 3 febbraio – The Day the Music Died – è per altro anche l’anniversario della scomparsa, cinquantatré anni fa, di un gigante della musica pop del nostro Paese: Fred Buscaglione. Poi i tre giorni del Festival: al Cavedium Bar (giovedì sera 7 febbraio) e in piazza della Motta (venerdì 8 e sabato 9).
Tra gli ospiti del Festival varesino alcune band specializzate nel genere rockabilly e rock: Crazy Legs & Patrick Robertson, 3 / 4, Bertocchini & Talamona, Hound Dog Rockers, The Bean Blues Band, The Field, e altri amici.
Per tutti loro il 3 febbraio 1959 è un giorno da ricordare. E il rock vive ancora, sempre.
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