Ha avuto eco anche nei giornali nazionali (La Stampa) e locali (Varesenews) la notizia che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, per festeggiare il compleanno della moglie Michelle ha scelto, in uno dei ristorante italiani più importanti di Washington, il Cafe Milano, un vino bianco toscano, il “Costa di Giulia”.
Che cosa c’entri questa notizia con la nostra rubrica è presto detto. “Padre” di quel vino è Michele Satta, enologo nato e cresciuto a Varese ma da molti anni trasferito a Castagneto Carducci dove vive, insieme alla moglie Lucia Petitti, in una splendida villa in collina che dà sui vigneti e giù sino in fondo sul mar Tirreno: nei giorni limpidi si vede la sagoma dell’isola d’Elba. Da questa specie di torretta d’osservazione Michele dirige la sua produzione, ormai conosciuta oltre che in Italia anche in America e in Giappone, con il piglio di un capitano di ventura a capo della sua ciurma (i Satta hanno sei figli) che ogni giorno sfida il mare in tempesta dell’economia agricola. La moglie lo affianca validamente nella traversata quotidiana.
Sono amico di Lucia e di Michele dagli anni Settanta. Con la prima ho condiviso insieme a un manipolo di varesini (come Enrico Castelli del Tg1 e Giulio Cova a capo della scuola Manfredini) gli anni di piombo dell’Università Statale. Quando dirsi cristiani poteva costare non pochi sganassoni o peggio una sprangata. Con Michele, della mia stessa età ma di studi diversi (ovviamente, lui era iscritto ad agraria) soprattutto i primi anni della mia permanenza romana quando, per tirare un po’ il fiato dal caos della capitale, prendevo la domenica una littorina destinazione Cecina e alla stazione di San Vincenzo veniva a prendermi in auto.
Ho così potuto vedere crescere la sua opera: da una casa piccola a una più grande e poi più grande ancora. I figli aumentavano di numero come gli ettari delle loro vigne. L’amore alla dignità del lavoro come il rispetto alla terra: tutte esperienze che noi cittadini, figli della burocrazia statale romanocentrica, tendiamo troppo spesso a dimenticare, impoverendoci nel cuore e nello spirito.
Lucia e Michele sono due grandi. Da loro ho sempre imparato che la vita va vissuta con il piglio di una sfida (nel loro caso anche economicamente rilevante perché, diciamoci la verità, chi aiuta l’agricoltura oggi in Italia?) ma sempre a partire da un pieno, l’esperienza della fede: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito” scriveva Saint Exupery .
Così dalle prime “cubigiane” artigianali da cinque litri pensate per le feste popolari, l’azienda si è sempre più concentrata sulla scelta vincente di vini raffinati e di classe che hanno raggiunto l’altra sponda dell’Oceano sino alla tavola dell’uomo più potente del mondo. La cantina da semplice struttura lavorativa è diventata luogo di eventi gastronomici ma anche artistici che hanno accompagnato via via le nuove creazioni di Michele. “È una specie di rivincita del contadino – commenta lui stesso – sempre più emarginato nella società globale e invece in grado di rispondere al piacere dell’ uomo. Il gusto di ognuno di noi è unico e anche un presidente degli Stati Uniti non fa eccezione. Affinando l’identità della propria produzione è possibile arrivare al cuore di ogni persona”.
Satta è un ‘brand’ noto non solo ai sommelier: in Valcuvia infatti lavora il fratello di Michele, Paolo, produttore di prelibati formaggi di capra, segnalati anche dalla rassegna 2012 di “Letter-altura”.
L’intera produzione vinicola è rintracciabile nel sito www.michelesatta.com. La visita alle cantine di Castagneto tra le dolci colline a due passi da Bolgheri, un caldo consiglio per una gita da weekend. Per una cena tra amici niente di meglio di una loro bottiglia a centrotavola. Si potrà sempre dire che ve l’ha consigliata Obama.
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