È arrivata nei giorni scorsi la notizia del suicidio nelle patrie galere del cinquantaquattresimo detenuto. Più di un terzo sul totale delle morti nei penitenziari italiani che nel 2010 furono 166, un trend spaventoso considerando che in carcere si suicida circa un detenuto ogni mille mentre fuori dal carcere circa una persona ogni ventimila. Numeri che non lasciano scampo e suonano da anni come un tremendo atto d’accusa nei confronti dello Stato e del mondo politico nel suo complesso. Un’altra emergenza non più eludibile se è vero come è vero che l’Italia, con i suoi 67.428 detenuti (24.401 gli stranieri) a fronte di 45.817 posti disponibili, ha un tasso di sovraffollamento di 147,1 detenuti ogni cento posti, record europeo assoluto, davanti a Francia 123,3%, Germania 92%, Spagna 141%, Regno Unito 98,6%. Solo la periferica Serbia fa “meglio” di noi col 157,9%.
Se si entra più nel dettaglio di questa avvilente classifica si fanno insospettabili scoperte: il primato appartiene alla Puglia (183%) seguita a ruota da Emilia Romagna (171%) e Lombardia (169%). E nell’efficiente regione delle “eccellenze” propagandistiche svettano, con lo storico San Vittore, anche le piccole carceri di Busto Arsizio e Varese. Attrezzate per ospitare rispettivamente 167 e 52 detenuti, in realtà ne ospitano 423 e 167. Come dire una condizione ben oltre il limite della vivibilità per tutti: carcerati, guardie penitenziarie, magistrati, personale ausiliario e volontari.
Il caso della città giardino è addirittura emblematico perché il vecchio carcere ottocentesco dei Miogni risulta ufficialmente “dismesso” dal Ministero da dieci anni ma continua a funzionare in mancanza di concrete iniziative per la costruzione di una nuova struttura. A un certo punto parve che i fondi ci fossero ma il tiro incrociato dei veti, per interposti politici locali, tra quartieri e rioni ne vanificò la disponibilità. Nè miglior sorte ebbe l’idea, davvero piuttosto eterodossa, dell’allora ministro della giustizia Castelli, di optare per una soluzione in leasing, ovvero struttura di proprietà privata affittata allo Stato.
Nel giugno del 2010 però il governo Berlusconi ha varato un “piano carceri” per la realizzazione di 9.150 nuovi posti pari a 11 nuovi istituti e 20 ampliamenti di penitenziari esistenti. Stanziamento complessivo: 661 milioni di euro. A distanza di diciassette mesi sono usciti solo tre bandi per ampliamenti, informa Antigone, una delle associazioni che monitorizzano i penitenziari italiani. Non mancando di sottolineare del resto l’incongruenza del “piano” che privilegia Sicilia, Campania e Puglia mentre le esigenze più pressanti sono in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. E che dire delle cosiddette carceri fantasma, gli istituti penitenziari (circa quaranta) costruiti negli ultimi vent’anni – spesso anche attrezzati – ma rimasti inutilizzati del tutto o parzialmente se non addirittura abbandonati. Un elenco da brividi che racconta le ottusità, gli sprechi e il menefreghismo di uno Stato lontano dai cittadini, incapace di rispondere alle loro esigenze ma sempre disposto a chiudere un occhio di fronte ai privilegi, ai costi della politica, all’accidia dei burosauri ministeriali e al consenso prezzolato di alcuni giullari televisivi di regime. Non c’è che dire: un bilancio ancora una volta fallimentare nel paese di Cesare Beccaria.
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